Macaroni, io ve distruggo. E’ il 1954 quando Nando Mericoni, alias Alberto Sordi, romano di Trastevere, impersona il sogno americano dell’Italia del dopoguerra. Cinquantesette anni dopo è un americano a sognare la Roma fino a diventarne proprietario: Thomas Richard Di Benedetto, il quale insegue l’equilibrio di bilancio insieme ai successi da conseguire attraverso il fairplay finanziario e sogna di costruire un impianto all’inglese, ovvero una versione moderna di Campo Testaccio. Accordo fatto intorno alle mezzanotte tra il 29 e il 30 marzo 2011, data ultima per portare a termine la trattativa per la cessione. Il posticipo serale di domenica 3 aprile all’Olimpico tra Roma e Juventus sarà ricordato perché la presenza in tribuna d’onore di due presidenti: Rosella Sensi, ancora in carica, e quello virtuale, Di Benedetto, che ha assunto il controllo del pacchetto azionario della società giallorossa. Nel futuro della Roma ci sono Carlo Ancelotti allenatore, Franco Baldini nelle vesti di direttore generale, Walter Sabatini direttore sportivo, e quasi certamente Gian Paolo Montali, che Unicredit considera uomo di garanzia irremovibile. Ora si tratterà di coniugare cuore giallorosso e buone pratiche di imprenditoria calcistica. Si punta ad arricchire la rosa di nomi altisonanti e campioni emergenti per inseguire grandi traguardi, lo scudetto e non solo. Ci sono le bandiere, Francesco Totti ma anche Daniele De Rossi, indicato quale futuro capitano, ma da molte stagioni inseguito dai grandi club europei con offerte da capogiro. Intanto la Roma va all’inseguimento del quarto posto che vale lo spareggio europeo per l’ingresso nei gironi di Champions League. Chissà se Montella, finora imbattuto da allenatore, dalla panchina griderà a qualcuno dei suoi: “Devi annà a sinistra, o’right? o’right?”.