La staffetta contiene l’essenza di una squadra. Bisogna essere perfetti in ogni dettaglio perché, se qualcuno sbaglia, si rischia di inficiare il risultato degli altri tre.
Lo abbiamo visto a Tokyo 2020 quando Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu hanno regalato all’Italia uno storico quanto impensabile oro nella staffetta 4×100 metri, lo abbiamo visto ripetere in occasione dei Mondiali 2023 quando a Budapest è arrivato l’argento grazie anche all’ingresso di Roberto Rigali, portacolori della Bergamo Stars Atletica e primo frazionista di quella storica formazione.
In grado di abbassare di oltre un decimo il proprio personale nei 100 metri, il 28enne di Borno si è fatto trovare pronto nel momento più complicato del quartetto azzurro offrendo prima il contributo decisivo per accedere alla prova iridata e successivamente per salire sul podio alle spalle degli Stati Uniti.
Un andamento che potrebbe consentire a Rigali di prendere parte alle Olimpiadi di Parigi 2024 con l’obiettivo di difendere il titolo a cinque cerchi conquistato in terra giapponese e regalare così alla società di Dante Acerbis un nuovo successo da incorniciare.
Roberto Rigali, partiamo dalla conclusione, da quell’argento ai Mondiali. Ci racconti come hai vissuto quella finale?
“La finale è andata meglio che la batteria perché in quel caso ho perso un appoggio in curva scombussolando il mio assetto e quindi sono riuscito ad andar più forte”.
Questo risultato ha dato una svolta alla sua vita, guardando anche la reazione delle persone che le stanno intorno?
“A livello sportivo sì perché adesso sono molto più tenuto in considerazione. Mi fa molto piacere perché, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto io e il mio allenatore Alberto Barbera per raggiungere questo obiettivo, tutto ciò è stato ripagato. Si è chiuso un cerchio e se ne è aperto un altro”.
Il primo tempo realizzato in qualificazione nonché miglior crono dell’anno vi ha reso consapevoli di poter inserirvi nella lotta per il titolo iridato?
“Quando abbiamo fatto quel tempo, sapevamo che se non avessimo fatto cavolate, potevamo puntare a qualcosa di grande. La staffetta è sempre una incognita, come tirare un calcio di rigore. Non sei mai sicuro al 100% di cosa potrebbe succedere. Se avessimo fatto tutto per bene, sapevamo che potevamo prendere la medaglia. Gli Stati Uniti non avevano però schierato tutti i più forti, quindi rimanevano una incognita”.
L’attuale formazione degli Stati Uniti è quindi realmente imbattibile come appare da fuori?
“Non è mai scontato il risultato, si può fare. Se loro fanno tutto perfettamente, diventa però difficile. Loro devono sbagliare altrimenti, presi singolarmente, loro sono molto più forti. Però la staffetta è una disciplina di squadra, quindi bisogna puntare su quello”.
Vedere il tuo nome nella lista dei quattro che sarebbero scesi in pista a Budapest ha stupito non pochi, considerato anche il necessario spostamento di Lorenzo Patta in terza corsia. Avevate già provato questa soluzione nei precedenti ritiri oppure è stata una scelta giunta negli ultimi giorni?
“L’abbiamo provata a Grosseto quando ho fatto 10”25 sui 100 metri. Il tecnico della velocità ha voluto testare una staffetta con l’obiettivo di centrare la qualifica ai Mondiali. Mi hanno messo in prima frazione e sono andato molto bene, per cui lì mi sono guadagnato il posto. Usufruendo degli strumenti adatti, dovrei avere realizzato il miglior tempo italiano di sempre in quella posizione”.
Ricordiamo che sino a qualche settimana prima l’Italia ha rischiato di non partecipare ai Mondiali per via del ranking e che la certezza è arrivata a Grosseto, quando lei ha fatto l’esordio nel quartetto. Non ha sentito la pressione sulle spalle di dover ottenere a tutti i costi un risultato di spessore?
“La pressione c’era però ci si allena per quello, per cui è una bella pressione”.
Per quanto appaia come il “nome nuovo” della staffetta italiana, lei fa parte di questo gruppo da un po’ di tempo. Qual è il rapporto con i suoi compagni di squadra?
“Attualmente sono in vacanza con Filippo Tortu e questa cosa parla da sola. Siamo tutti molto affiatati, aspetto che probabilmente gli americani non hanno, mentre noi siamo sempre assieme e siamo un bel gruppo di amici”.
A differenza dei suoi colleghi, lei è l’unico a non fare parte di un gruppo sportivo militare. Come è riuscito a mantenersi a livelli elevati nonostante non riceva un sostegno economico e tecnico di quel genere?
“È tutto merito di Dante Acerbis che ha puntato su di me. Sono molto fortunato, altrimenti avrei già smesso. A Bergamo c’è Alberto Barbera e l’impianto indoor creato dal mio presidente, per cui è tutto costruito per andare forte”.
Nel corso dell’ultima stagione è passato da 10”31 a 10”25 sui 100 metri, migliorando un primato che resisteva da cinque anni. Cosa è cambiato durante questa annata?
“Ho sempre avuto qualche piccolo infortunio, per cui non sono mai riuscito ad allenarmi con continuità, questa è stata la prima. Oltre a ciò abbiamo aggiunto tre allenamenti a settimana il mattino e tutto ciò è quindi frutto di un ottimo lavoro, oltre che di un po’ di fortuna”.
Guardando al 2024 c’è il grande obiettivo chiamato Olimpiadi. Pensa di poter far parte del quartetto della staffetta e nel caso quale sarà il vostro obiettivo essendo campioni olimpici uscenti?
“Riconfermarlo anche se sappiamo che sarà molto difficile. Dobbiamo puntare a cavalcare questa onda”.
In conclusione sappiamo che sta studiando scienze motorie all’Università di Bergamo. In futuro si vede più come un allenatore oppure nel ruolo di insegnante?
“Attualmente non so ancora, anche se sono laureato in Fisioterapia per cui sarebbe bello poter trovare un’attività che concili tutt’e due”.