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La lezione dei Reds

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Eugenio Sorrentino

O si vince, o si impara. Il mantra di Gian Piero Gasperini si accompagna anche allo 0-5 con il Liverpool, ricordando sì le altre sonanti battute d’arresto, seguite da puntuale risalita, nelle quattro stagioni precedenti, ma anche la necessità in questo caso di riassestare la squadra priva dei necessari equilibri in assenza di pedine fondamentali. Atalanta al tappeto, mai ko perché alla fine conta la vittoria ai punti. Quelli che le hanno permesso di accedere a due edizioni di Europa League, di superare la fase a gironi alla prima partecipazione alla Champions League e rimanere in corsa per gli ottavi in questa edizione. Non è facile analizzare i motivi di una così larga sconfitta, perché la differenza tra i Reds di Jürgen Klopp non doveva essere così marcata. L’Atalanta ha affrontato i campioni del mondo nel momento più difficile, a causa di defezioni non si poco conto. A certi livelli, cioè ai massimi livelli, non si può fare a meno di De Roon e Gosens, né permettersi cursoni di fascia a mezzo servizio, come pure e soprattutto abbassare l’intensità del gioco attraverso cui praticare l’efficace interdizione che permette di ripartire e attaccare in profondità. L’Atalanta non è stata nelle condizioni di esprimersi com’è nelle sue caratteristiche e il Liverpool ha trovato terreno fertile per recitare la sua parte. Cinque gol a zero, in aggiunta ad altre capitolazioni evitate da Sportiello, riassumono l’andamento di un partita a senso unico al Gewiss Stadium. L’Atalanta ha patito l’intensità e la precisione dei Reds, lo stesso Papu Gomez non è riuscito a entrare in partita da tuttocampista e a innescare la manovra. Ai due gol messi a segno dal Liverpool nel primo tempo, frutto di altrettanti colpi di classe di Jota, sono seguiti quelli firmati nei primi dieci minuti della ripresa da Salah, Manè e ancora Jota, autore di una tripletta. Solo a risultato ampiamente acquisito, qualche sprazzo di vivacità offensiva dell’Atalanta che ha provato a segnare il gol della bandiera con Zapata, fermato dal palo e dal portiere inglese Alisson. Eppure, le note liete non mancano. Il riferimento è al rientro di Pessina, sicuro nelle spire di centrocampo e sicuramente uomo in più nello scacchiere di Gasperini, e all’esordio di Ruggeri, apparso autorevole e per niente schiavo di un’emozione che sarebbe apparsa più che comprensibile. Il match allo stadio Anfield, desolatamente vuoto come lo è stato il Gewiss Stadium, merita un’Atalanta al meglio della concentrazione e della resa atletica.

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