Eugenio Sorrentino
L’Atalanta ha raggiunto per la terza volta in quattro anni le semifinali di coppa Italia, dove trova il Napoli di Rino Gattuso (il 3 febbraio fuori, il 10 a Bergamo). Dal 2018 nessuno come la squadra allenata da Gian Piero Gasperini, che ha scritto un’altra pagina di capolavoro prestazionale e tattico superando la Lazio quando era in inferiorità numerica. Il 3-2, conquistato e difeso con una impeccabile organizzazione di gioco di copertura, nasconde il risultato che sarebbe maturato se, una dozzina di minuti dopo il rosso diretto a Palomino per fallo da ultimo uomo, Zapata avesse trasformato il penalty concesso quando l’improvvido laziale Hoedt gli è franato addosso in area sulla linea di fondo. Non si era ancora a metà del secondo tempo e il doppio vantaggio avrebbe consentito di mettere una ipoteca sul passaggio del turno. Ma le partite hanno la loro storia che non può essere cambiata e la rivoluzione tattica indotta da Gasperini ha avuto ragione dei tentativi di assalto continuo prodotti dalla squadra di Simone Inzaghi. Quegli stessi difensori che hanno segnato nel primo tempo, Djimsiti e Romero, il quale a sua volta ha confezionato l’assist per il gol partita di Miranchuk, sono stati sontuosi fino all’ultimo pallone giocato. Sarebbe offensivo parlare di barricate, perché la capacità di smorzare l’assedio è stata frutto di lucidità e organizzazione, che ha coinvolto tutti i nove atalantini in campo e impedito di portare pericoli a Gollini, intervenuto una sola volta su colpo di testa di Milinkovic Savic. La Lazio sfoggiava una formidabile forza d’urto, ma Immobile non ha avuto praticamente la possibilità di calciare a rete. Era già successo di resistere in inferiorità numerica e vincere 1-2, tre anni addietro in campionato all’Olimpico contro la Roma, giocando la ripresa senza De Roon (doppio giallo). L’Atalanta, squadra a dettare superiorità nel possesso palla, è capace di adattarsi, anche se è ciò che va sempre evitato. Ma è un segnale molto importante. Né va messa in second’ordine la volontà di Gasperini di riprovare a proporre lo stesso trio offensivo con Myranchuk, Malinovskyi e Muriel, impiegato nella formazione iniziale scesa in campo a Udine. Stavolta il russo è diventato decisivo nel secondo tempo e dopo il gol avvicendato subito da De Roon per risistemare la squadra. Non v’è dubbio che l’opzione dei cinque cambi abbia fornito un’arma strategica a Gian Piero Gasperini e ribaltato il concetto di panchina, su cui siedono gli altri titolari.