Giallo d’Africa

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Daryl_ImpeyChe sia Giro d’Italia o Tour de France, il passaggio del gruppo multicolore sulle strade delle corse a teppe è uno spettacolo unico. Immaginiamo che ci sia più di un bambino indotto a chiedere al proprio genitore perché mai non si vedano atleti neri. Ce ne sono sulle piste di atletica, nel basket, e in quasi tutte le discipline. Perché, allora, nessun professionista in bici dalla pelle scura? Cose impedisce di praticare questo sport a livello agonistico? Il genitore avrebbe difficoltà a rispondere compiutamente. Un secolo fa la bicicletta era roba da signori, oggi è lo strumento principe per la mobilità dolce. Per gareggiare c’è bisogno di gambe e passione. Sicuramente c’è una tradizione da creare ed è sperabile che in una società multietnica le corse in linea e quelle a tappe possano essere rese ancora più competitive dalla presenza di corridori con radici nel continente nero. Intanto, uno spot importante arriva proprio dalle strade del Tour de France, che mai in cent’anni di storia aveva salutato la leadership di un ciclista africano. E’ accaduto al termine dell’arrivo a Montpellier, traguardo per velocisti, dopo il 29enne bianco sudafricano Daryl Impey chiude al tredicesimo posto della classifica di tappa e veste la maglia gialla sopravanzando il compagno di squadra Simon Gerrans (quarantottesimo). Una volta sul podio, Daryl Impey, che corre per una squadra australiana, la Orica Greenedge, ha rivolto un pensiero a Nelson Mandela. “C’è un corridore infinitamente più celebre di me. Ha compiuto imprese, fatto miracoli. Ha lottato, combattuto, resistito. Ha scritto la storia, ci ha regalato la vita. Gli siamo eterni debitori”. Ecco ciò che lo sport riesce a fare. Ora non ci resta che aspettare un atleta che, con lo stile di Usain Bolt, s’imponga in volata sui pedali o si arrampichi lungo l tornanti di montagna.

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