Il Terzo Tempo dei Campioni: Roberto Radici, il Fergusson della Valle Seriana

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Ad Albino sul campo Falco si respira calcio. Lì è nato un progetto che trova il proprio fulcro in due capisaldi: Gotti e Radici. Il presidente Walter Gotti, patron della società che ha saputo unire due realtà, quelle della Gandinese e dell’Albino, riunendole sotto l’unica bandiera dell’AlbinoGandino regalando alla squadra un impianto calcistico di primordine. Il presidente si fa aiutare dal figlio Ian, che di fatto è l’uomo tuttofare. Accanto a loro c’è Roberto Radici, che non è solo l’allenatore della prima squadra. Sarebbe riduttivo dire che è solo il mister. Roberto Radici per tutti è il Ferguson della Valle Seriana. L’uomo che fino all’anno scorso faceva tutto: dal mercato alle giovanili alla prima squadra.

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La scorsa stagione non è di quelle che si ricordano per le cose belle. Tutt’altro è stato un capitolo negativo, che è costata la retrocessione dalla Eccellenza alla Promozione. Passata la buriana, le acque si sono calmate e il progetto ha ripreso vita con nuovo vigore. È arrivato un direttore sportivo, Matteo Magoni, che ha dato una grossa mano a Radici per mettere in piedi una squadra che possa dare al presidente Gotti, uomo assai ambizioso e voglioso solo di vincere, la soddisfazione di rivedere i suoi colori sventolare sui campi dell’Eccellenza.

Abbiamo incontrato Roberto Radici in un pomeriggio assolato al campo della Falco e dalla chiacchierata sono emerse tantissime cose interessanti. Come, per esempio, la sua idea di calcio; l’analisi sulle regole dell’inserimento dei giovani nella distinta domenicale, l’amarezza del fuggi-fuggi dei suoi giocatori e la speranza di poter fare bene. La voglia non manca.

AlbinoGandino
Il Campo Falco in sintetico dove gioca l’AlbinoGandino

Ha superato l’amarezza della retrocessione della scorsa stagione?
Ma sì. Sì!”.

Quest’estate com’è stata? Come avete lavorato per improntare la nuova squadra? È rimasto qualcuno? Se ne sono andati in tanti? Avete puntato su una caratteristica particolare della squadra?
Questa estate è stata piuttosto dura. Ma meno male che è arrivato Matteo Magoni, il nuovo direttore sportivo. E questa è stata una bella conquista. È una novità per me. Ma l’estate è stata dura perché se ne sono andati tanti giocatori”.

Ma se ne sono andati perché hanno voluto rimanere in categoria o per altre ragioni?
Se ne sono andati perché erano stanchi dell’AlbinoGandino”.

Un po’ delusi forse.
Sì, delusi. La delusione ha creato queste situazioni. Alcune inaspettate da parte mia. C’è stato un momento di forte delusione, perché mi aspettavo delle risposte diverse da parte di alcuni giocatori. Però ognuno quando fa delle scelte ha delle proprie buone ragioni. Non uso un tono polemico quando dico questo perché capisco. Al momento ho sofferto e l’ho presa un po’ con rabbia. Ma poi con il passare del tempo ho capito che una persona matura, come sono questi ragazzi, se hanno fatto quella scelta è perché non erano contenti di stare qui. Per quanto abbia fatto per farli stare bene, non posso negare che è stata una stagione negativa per tutti sotto tutti i punti di vista. Siamo partiti subito male. Ad agosto di questi tempi un anno fa, non ero per niente contento. Vedevo tante situazioni che mi facevano pensare malissimo”.

Già nel precampionato quindi le sensazioni non erano state positive.
Le sensazioni erano bruttissime. La stagione è stata costantemente brutta”.

Livellata sul basso…
Livellata sull’ultimo posto di classifica. Abbiamo avuto un piccolo sussulto quando siamo andati a San Pellegrino. Eravamo già al girone di ritorno e venivamo da un periodo buono. A San Pellegrino il primo tempo è finito 3-0 per noi. La partita è finita 5-3 per loro. Nello spogliatoio sul 3-0 abbiamo pensato: Se vinciamo oggi ci salviamo. Figurati alla fine della partita com’era il morale generale”.

Questa è stata la fotografia del campionato. Quindi quest’anno quanti elementi avete cambiato?
Abbiamo cambiato 14-15 elementi. Praticamente abbiamo rifatto la squadra. Per fortuna sono riuscito a portare ad Albino un direttore sportivo come Magoni che ha trovato tutti questi giocatori”.

Ma voi avete fatto mercato guardando il territorio o avete guardato anche in casa facendo salire alcuni ragazzi delle giovanili?
Alcuni ragazzi sono rimasti. Loro sono da ringraziare perché nonostante la delusione hanno visto ancora nel progetto dell’AlbinoGandino una prospettiva di fare bene. La campagna acquisti è stata fatta per fare un buon campionato. Non voglio fare proclami. Non mi piace. Puntiamo a fare bene e strada facendo possiamo puntare a fare qualcosa di importante. Visto che la squadra è nuova c’è bisogno di tempo. Sarà il campo a dire a quale livello possiamo competere. Contrariamente all’anno scorso, adesso sto vedendo molte cose positive. Abbiamo fatto tre amichevoli con tre squadre di Eccellenza, le abbiamo vinte tutte e tre. E questo porta all’interno della squadra un’aria frizzante, l’adrenalina porta i suoi frutti e crea socialità tra i giocatori che sono il sinonimo di creazione di una squadra”.

Il presidente Gotti da quando è iniziato questo progetto della fusione tra Albino e Gandino non ha mai nascosto le sue ambizioni perché sin dall’inizio ha detto che questa è una squadra che merita l’Eccellenza. Rimane sullo sfondo questa voglia del presidente di tornare in Eccellenza?
Sicuramente. Magoni è stato chiaro e ha detto: volete una squadra competitiva? Ha dato indicazioni e si è mosso nella giusta direzione. Adesso il presidente, che ha fatto degli sforzi economici, dice giustamente che bisogna fare bene. E noi ce la stiamo mettendo tutta”.

Riparte una nuova stagione.
Esattamente. Riparte una nuova stagione. Una situazione nuova anche per me. Perché io non ho mai vissuto una situazione del genere come quella di avere un direttore sportivo. Sono nove anni che sono qua e ho sempre agito da solo”.

Lei si è guadagnato il nomignolo del Fergusson della Valle Seriana perché è da tanti anni che è qui e si occupava di tutto personalmente; dalle giovanili alla prima squadra, del mercato e allenando la prima squadra.
Gotti ha ereditato la Gandinese da Tonino Bosio, l’ex presidente, nel 2014. Poi con la fusione dell’Albino ha assunto la presidenza e la responsabilità di tutta la società. Io ho gestito tutto dal settore giovanile alla prima squadra ed ero anche allenatore della prima squadra”.

Si occupava anche del mercato?
Sì, mi occupavo anche del mercato”.

Quindi conosce tutti i giocatori.
Era da qualche anno che consigliavo al presidente di affiancarmi una persona con il ruolo di direttore sportivo. Perché io faccio l’allenatore; posso conoscere i giocatori sulla carta, ma non ho più la possibilità di andare a vederli. Quando fai l’allenatore vedi i tuoi e quelli dell’avversario che incontri. Non hai la possibilità di avere una visione realistica completa del panorama territoriale. Ti affidi a dei giudizi di altri che hanno visto, ma sono sempre dei pareri riportati. Quindi la figura del direttore sportivo era diventata indispensabile. Era da tre-quattro anni che insistevo per avere una figura del genere”.

C’è sintonia con questo direttore sportivo?
Per il momento tantissima”.

Qual è la sua idea di calcio? A chi si ispira come allenatore? Quali sono i suoi principi?
A me piace un calcio bello, ma anche energetico, bello tosto. Il calcio che si vede nella Premier. Corsa, agonismo, ma anche qualità. Il calcio inglese mi piace anche per la lealtà che esprime. Si picchiano ma non sono lamentosi come vediamo nel calcio italiano”.

Non lo fanno con cattiveria, è l’espressione di uno spirito agonistico.
Queste situazioni si avvicinano molto al rugby. A me piace il rugby per quelle situazioni lì, dove c’è lealtà tra gli avversari, di rispetto reciproco”.

Ma è una cosa che si allena questa? Lei cerca giocatori che hanno caratteristiche che si avvicinano al suo modo di vedere il calcio o prende i giocatori come sono e li allena a questo tipo di atteggiamento?
Io mi comporto e dico ai giocatori delle cose che vanno in questa direzione. Nel mio percorso di allenatore ho vinto tre Coppe disciplina. E per me valgono come tre Coppe dei Campioni. Una addirittura l’abbiamo vinta l’anno che siamo retrocessi con la Gandinese dall’Eccellenza alla Promozione. L’arbitro per me è sacro. In panchina mi comporto di conseguenza. La correttezza, la lealtà, i comportamenti. Sono io che devo dare l’esempio ai miei giocatori”.

È mai stato espulso?
Sì sono stato espulso, mi è capitato anche l’anno scorso. Però quando vengo espulso chiedo scusa ai miei giocatori. Uno può prendere la multa per strada, ma non per questo deve essere etichettato per forza come un pirata della strada. Non ho mai dato la colpa delle nostre sconfitte agli arbitri. Questa è una cosa che odio. Solo le parole, però, non bastano. Bisogna comportarsi di conseguenza. Non faccio prediche. Faccio delle premesse, dico ai giocatori che mi interessa la correttezza. Se in campo vedo un mio giocatore che protesta lo redarguisco. Mi piace un calcio bello dal punto di vista estetico, ma mi piace anche vedere i miei giocatori quando perdono palla andare a cercare di riconquistarla subito. Se una squadra è capace di fare questo vuol dire che è squadra. Tutte queste situazioni noi le alleniamo”.

Il calcio dei professionisti in questi ultimi anni è cambiato tanto per prestazioni, dal punto di vista atletico, un calendario intenso che mette pressione ai giocatori. È cambiato anche tra i dilettanti? O tra i dilettanti è rimasto lo stesso di dieci anni fa?
C’è da fare una premessa. Noi siamo stati condizionati dall’obbligo dell’inserimento dei giovani. Ci sono stati campionati dove si dovevano inserire in squadra quattro giovani. Però il buon Giuseppe Baretti, presidente del Comitato regionale lombardo, faceva decidere alle società. Io stesso ho alzato la mano per l’inserimento di quattro giovani. Ora mi sono ricreduto. Perché il giovane, purtroppo, ha fatto calare la qualità dei campionati. Se dovessi decidere oggi quanti giovani inserire obbligatoriamente, direi zero”.

Ma per giovani a quale fascia di età ci si riferisce?
Adesso i giovani per Eccellenza e Promozione sono 2003-2004. Strada facendo ti scontri con delle cose delle quali tu non credi. Del tipo: io devo far giocare per forza un giocatore che magari si è impegnato poco e lo devo inserire perché in campo devo avere quattro fuori quota. E rimane fuori un giocatore “vecchio” che si sta dannando l’anima per cercare un posto in squadra che non trova per via dell’obbligo. Il nostro campionato sarebbe bello se fosse liberato dalla regola”.

Se c’è un giovane che merita lo metto altrimenti rimane fuori.
Esatto, come in Serie A. Tutti noi abbiamo giocato a calcio. Io stesso ho giocato a calcio perché meritavo di giocare a calcio e magari non meritavo di giocare in un certo tipo di squadra. Sono stato ceduto, sono stato acquistato. Dobbiamo creare una dinamica normale, non un obbligo. Questo obbligo ha fatto calare negli anni la qualità di queste categorie”.

E crea anche un po’ di ingiustizia.
E crea una situazione che va contro lo spirito sportivo, che è quello della selezione. Gioca chi merita. Nel merito c’è dentro la bravura, il talento tecnico, quello fisico-atletico, ma anche quello comportamentale, l’impegno. Il fatto di mettere quattro giovani, tre giovani significa regalare una cosa che noi ci siamo conquistato con grandi fatiche. Alla fine la regola non è stata positiva per i giovani. Adesso la regola ha abbassato il numero dei giovani a due. Non abbiamo fatto bene ai giovani con questa regola perché si è data l’illusione al giovane che gioca in Eccellenza di essere un giocatore di Eccellenza, ma non è così. Lui sarà un giocatore di Eccellenza nel momento in cui verrà selezionato al di là della regola. Quella è la prova. E tanti giovani si ritrovano a spasso perché non valgono né l’Eccellenza né la Promozione. Poi c’è da dire che gli allenatori in questi ultimi anni sono diventati sempre più bravi dal punto di vista tecnico-tattico e da quel punto di vista lì il livello è cresciuto”.

Lei fa corsi di aggiornamento? Va a vedere le partite?
Vado a vederle d’estate. Quest’estate c’erano sul nostro territorio le squadre dell’Atalanta, dalla prima squadra all’U23, alle giovanili e sono andato a vederle tutte. Poi mi aggiorno. Ho una biblioteca enorme, oltre alla biblioteca online. Poi per rinnovare il patentino siamo obbligati a fare dei corsi di aggiornamento”.

Lei ama il suo lavoro. Non ha mai pensato di smettere?
Quest’anno ho pensato di smettere. Insomma, non di smettere ho pensato di cambiare. Il mio presidente è stato capace di riconvincermi di stare qui e di continuare ad andare avanti con il progetto, sempre come allenatore. Ma a fine campionato vedevo tutto nero”.

Ha un sogno nel cassetto?
Il sogno è quello di riportare l’AlbinoGandino in Eccellenza”.