Il futuro del ciclismo francese si chiama Enzo Paleni da Cusio

1271

di Giambattista Gherardi
Un giovane ciclista dalle doti indiscusse, deciso ad affrontare le gare del World Tour da professionista, ma soprattutto un atleta dalle cristalline origini brembane. Enzo Paleni, 20 anni, ha passaporto francese, ma nome e cognome mostrano chiari gli ascendenti bergamaschi. Il nonno, Alfieri Paleni (per tutti Fieri) è infatti originario di Cusio in Alta Val Brembana: al figlio Valentino prima e al nipote Enzo poi, ha trasmesso la tradizionale tempra orobica che unisce orgoglio e determinazione.

Enzo è fra le giovani e belle speranze del ciclismo d’Oltralpe e da quest’anno è entrato a far parte della formazione professionistica Groupama Francaise des Jeux, guidata dal direttore generale Marc Madiot, mettendosi in luce sin dalle primissime gare al Tour des besseges. Enzo è cresciuto in Francia a Valloire, nella valle della Maurienne, fra il Col du Télégraphe e il Col du Galibier. Quest’ultima è una delle classiche salite del Tour de France, ma non per questo Enzo è stato da subito ciclista, anzi.

forbes
Ciclismo
Enzo Paleni

Da bambino vedevo passare spesso il Tour de France – ha ricordato in una intervista pubblicata sul sito della sua squadra – e ricordo di avere sempre detto a mio padre che volevo fare il Tour. Tuttavia, quando vivi a Valloire, in realtà è difficile andare in bicicletta. Non ci sono club in giro. Il più vicino era a Chambery, a un’ora e mezza di distanza. E c’è solo una strada: o al Galibier o al Télégraphe. Quando sei così giovane, non è l’ideale. Ho fatto un po’ di mountain bike per un anno, ma non mi piaceva molto”.

Dopo avere praticato judo, tennis, sci alpino (il nonno è maestro sul Galibier) e anche snowboard (ha partecipato ai Campionati Nazionali Francesi), si è appassionato all’hockey su ghiaccio ed è entrato a far parte di un progetto scolastico-sportivo a Villard de Lans, lontano da casa, quando era in quinta elementare. A 14 anni lamenta un problema alle rotule (la crescita repentina le aveva indebolite) e dai sanitari arrivò il consiglio di praticare nuoto e soprattutto bicicletta, come forma di riabilitazione.

In estate – ricorda – prima dell’inizio dell’anno scolastico sono andato dai miei nonni e mi hanno prestato una bicicletta. Per una settimana, avrei pedalato la mattina e il pomeriggio, e mi è piaciuto davvero tanto“. Da quelle sensazioni nasce una seconda vita sportiva, con il trasferimento a Beauvais (dove vive la madre Stephanie) e gli allenamenti estivi a Valloire, nelle terre paterne, verso il Galibier. La svolta agonistica arriva con la vittoria nel prestigioso Madiot Trophy da Under 16, con diversi podi nelle otto tappe previste.

In tutti gli sport che ho fatto – aggiunge nell’intervista – l’obiettivo è sempre stato quello di essere un professionista. Quando ho iniziato a pedalare, ho cercato di essere il più forte possibile. Per me non è mai stato un andare in bicicletta solo per andare in bicicletta‘”.

L’ingresso nella categoria juniores è coinciso con il diploma al liceo scientifico e un settimo posto nel Crono delle Nazioni. Nell’anno successivo (e siamo al 2020, con un infortunio e il lockdown) arrivano invece i piazzamenti d’onore nelle Boucles de l’Oise e nel celebre Gran Premio del Rüebliland, in Svizzera. Entra allora nella Groupama, dapprima attraverso la squadra Continental. Qui arrivano la vittoria al “Triptyque des Monts et Châteaux”, il secondo posto ai Giochi del Mediterraneo, il dodicesimo al Campionato Europeo, il quarto al Campionato Francese Under 23, il terzo alla Ronde de l’Isard. Il resto è storia recente, con l’ingresso nella formazione World Tour, spalla a spalla con i grandi del pedale.

Vedendo i miei risultati – dichiara – il mio punto di forza sembra essere la cronometro. Se voglio vincere una gara, devo entrare in una fuga. Se aspetto lo sprint o l’ultima salita, diventa dura. Per me è forse più facile vincere una classifica generale che vincere una tappa in linea. La mia attitudine è quella di essere sempre costante e di essere competitivo su tutti i terreni. Voglio essere il miglior Enzo Paleni che posso essere. Vedremo poi con la squadra e gli allenatori dove posso progredire e dove posso puntare”.

La determinazione è la stessa di nonno Fieri, muratore e artigiano del legno di professione, ma anche maestro di sci e guida alpina. A quota 1740 metri, lungo i tornanti del Galibier, da buon brembano aveva acquistato una stalla poi divenuta baita, punto di partenza anche per battute di caccia. Sulle strade delle grandi corse 2023 ci sarà per lui (e per tutti noi) un nome nuovo da seguire: Enzo Paleni, passaporto transalpino, ma cuore bergamasco.