Federica Sorrentino
Il 4 marzo 2018 il mondo del calcio fu scosso dalla tragica notizia della morte di Davide Astori, scomparso improvvisamente a Udine alla vigilia del match di campionato che il giorno dopo avrebbe visto impegnata la squadra di cui era capitano, la Fiorentina. Una città, Firenze, diventata ormai la sua seconda casa dopo i sette anni passati a Cagliari e l’esperienza con la Roma nella stagione 2014-2015. Tre anni dopo, il ricordo di Davide Astori è sempre vivo.
“Davide Astori è con noi, il suo esempio continua ad ispirarci. Delle sue tante qualità mi piace ricordare la straordinaria capacità di unire, di essere amico e avversario, ma mai nemico, di non essere mai divisivo”. Così il presidente della FIGC Gabriele Gravina, a tre anni dalla scomparsa del giocatore. Nel turno infrasettimanale di serie A, al 13° minuto di ogni partita, sui maxischermi degli stadi è stata proiettata una foto dell’ex difensore della Nazionale. Astori, che giocò anche nel Cagliari e nella Roma -ha ricordato la Figc- “è stato convocato 58 volte in Nazionale collezionando 14 presenze e segnando anche un gol nel 2013 in Confederations Cup, nella finalina per il 3° posto con l’Uruguay”. Il 27 marzo 2018 un lungo applauso salutò il minuto di raccoglimento in sua memoria prima dell’amichevole Inghilterra-Italia, con gli Azzurri che scesero in campo con una dedica speciale sulla maglia ‘Davide sempre con noi’. Ad Astori è intitolato anche un premio speciale per il Fair Play della ‘Hall of Fame del calcio italiano’, il riconoscimento istituito dalla FIGC e dalla Fondazione Museo del Calcio per celebrare giocatori, allenatori, arbitri e dirigenti capaci di lasciare un segno indelebile nella storia del nostro calcio.
Un pensiero particolare gli è stato dedicato dai fratelli Marco e Bruno, il quale ha rilasciato (al Corriere dello Sport) una personale sottolineatura dei valori che accompagnavano l’esistenza di Davide Astori: “Era il parere più autorevole, quello che inseguivo in continuazione per le cose importanti. Anzi era il parere che più mi interessava, l’unico che ascoltavo. C’è una vita prima del 4 marzo, ma nel dopo è come se fossi morto anch’io, non una parte di me. Era un ottimo calciatore, non un campione mondiale, ma era il Maradona o il Pelé dei valori umani. Era fortemente empatico. I fiorentini sono pieni di passione, Davide è rimasto quando tutti sono fuggiti, la Fiorentina aveva imposto su di lui la ricostruzione. Firenze l’ha adottato, l’ha sentito suo”.