Defibrillatori: è ora di dotarsene

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Ma è mai possibile che in Italia debba scapparci il morto per tornare a parlare di regole semplici quanto fondamentali? La tragedia di Piermario Morosini, deceduto in campo durante la partita Pescara-Livorno, seguita da quella del pallavolista Bovolenta, hanno fatto conoscere a tutti l’importanza del defibrillatore, apparecchio che può essere usato senza essere medici ma solo avendo imparato ad applicarne correttamente le funzioni. Domenica 24 novembre è toccato a Matteo, un 14enne della provincia di Arezzo, per la precisione Foiano della Chiana, perire sul campo, pochi minuti dopo aver segnato un gol. Accasciatosi, non si è più ripreso. Nell’impianto di gioco non c’era il defibrillatore. Era sull’ambulanza sopraggiunta dopo pochi minuti. Al giovanissimo Matteo sono stati praticati il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca da parte di un’infermiera presente come spettatore. Ma il primo soccorso si è rivelato vano. In attesa di capire quale tipo di causa ha provocato il decesso, restiamo convinti che il defibrillatore debba essere considerato una dotazione necessaria. A luglio 2013 è stata pubblicata la legge che impone questo strumento tra gli equipaggiamenti obbligatori di tutte le società sportive dilettantistiche. Piccolo particolare: c’è tempo fino al 2015 per mettersi in regola. Mille euro o giù di lì per fare fronte a un obbligo che arriva dopo il buon senso. Molte società diranno che non se lo possono permettere e si metteranno a caccia di sponsor e sostenitori. Intanto si inanellano casi come quello del ragazzo di Foiano della Chiana, un paese vivo dal punto di vista sportivo giacchè negli anni ’80 ha espresso anche una squadra di volley maschile militante in serie A2. Per una tragica coincidenza, Foiano nel 2007 aveva vissuto analoga vicenda drammatica con la morte sul campo del 22enne Teddy Bartoli. Che i dirigenti sportivi capiscano, una volta per tutte, che non c’è più tempo.

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