Scommesse, l’illegalità non si combatte con più gioco legale. A Bergamo ci sono 10mila giocatori patologici

Lettera aperta di un gruppo di referenti di servizi e associazioni che in questi anni si sono occupati di prevenzione e presa in carico di persone con Disturbo da gioco d’azzardo patologico.

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Il tema delle scommesse è salito agli onori della cronaca in tutte le componenti dai giornali ai siti web, dalle tv alle radio perché vede coinvolti giocatori di Serie A.

Il tema ha spalancato lo sguardo sulla patologia che colpisce i giocatori e il dramma che ne consegue per chi vive questo malessere.

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Da ultimo si evince che la legge distingue tra chi scommette su siti autorizzati dai Monopoli dello Stato e siti illegali. Su quest’ultima sfaccettatura una serie di operatori sociali professionali, che dedicano da anni le proprie energie a combattere e a curare questo problema si sono resi protagonisti di uno scritto sotto forma di lettera aperta da offrire alla riflessione generale.

Riceviamo e pubblichiamo:

Lettera aperta
Siamo un gruppo di referenti di servizi ed associazioni che in questi anni si sono occupati di prevenzione e presa in carico di persone con Disturbo da gioco d’azzardo patologico. Ci sentiamo di esprimere una posizione che è anche un appello in merito alle vicende che hanno toccato alcuni calciatori professionisti.

In questi giorni si è tornato a parlare prepotentemente di gioco d’azzardo, grazie alle vicende legate alle scommesse dei giovani calciatori. Una volta di più la dimostrazione che il Gioco d’azzardo, con tutte le problematicità che porta con sé, è un fenomeno complesso dal quale nessuno può ritenersi esente.

C’è però una parte della narrazione di questi giorni che assolutamente non condividiamo. In particolare una famosissima testata giornalistica ha avviato una comunicazione tesa più a dividere tra un gioco legale ed un gioco illegale, evidenziando il volume del gioco d’azzardo attraverso le piattaforme illegali e addirittura stimando in 25 miliardi di euro il valore del gioco illegale e stimando in 1 miliardo i mancati introiti fiscali per lo Stato.

È una narrazione che temiamo non tenga conto della reale portata del problema. Ovviamente, se ci sono comportamenti che sfociano nell’illegalità, è compito delle forze dell’ordine reprimerli ed eventualmente è compito del legislatore produrre provvedimenti che migliorino l’efficacia delle misure di contenimento.

Da parte nostra non possiamo accettare però che si torni a parlare di aumentare l’offerta del cosiddetto “gioco legale” quale metodo per affrontare l’illegalità. Questa equazione ha caratterizzato gli ultimi 30 anni e per il momento non ha portato a risultati. Anzi, questi 30 anni di “gioco legale” hanno messo in mostra un numero abnorme di persone che attorno al gioco d’azzardo ed alle sue numerose sfaccettature ed offerte, hanno sviluppato una patologia.

Le ultime stime basate su studi scientifici evidenziano come nella sola Provincia di Bergamo potrebbero esserci più di dieci mila giocatori d’azzardo patologici. Ed accanto a questi ci sono mogli e mariti, figli e figlie, genitori, amici coinvolti a vario livello nei circuiti di sofferenza provocati da questa che è ormai diventata una vera e propria “emergenza sociale”; calcoliamo che accanto ad ogni giocatore d’azzardo patologico ci siano almeno 7 famigliari coinvolti.

Siamo operatori sociali e sociosanitari e non legislatori, però riteniamo senz’altro che in questo momento non abbiamo bisogno di aumentare l’offerta di gioco (che nel 2022 ha superato i 135 miliardi di euro come raccolta complessiva), né la relativa pubblicità. Abbiamo invece bisogno di strumenti e risorse che ci aiutino a migliorare gli strumenti di prevenzione, a studiare ed approfondire il fenomeno, a rinforzare i servizi pubblici e privati per stare più vicino a persone e famiglie. Di sicuro non abbiamo bisogno di “narrazioni” che distinguano tra un “gioco buono” perché legale, perché paga le tasse e un “gioco cattivo” perché illegale e non paga le tasse (assolutamente da perseguire da chi deputato a farlo)”.

Non abbiamo bisogno che si torni a pensare che l’illegalità si combatta con più gioco legale: è un’equazione che alla prova dei fatti si è dimostrata assolutamente perdente. Abbiamo bisogno di un sistema in grado di proteggere dalla cultura dell’azzardo, che non veda il gioco d’azzardo come un modo per fare cassa (vedi la 4.a estrazione del lotto per affrontare l’emergenza Emilia Romagna, solo ultima di una serie storica), ma cominci a vedere l’azzardo come causa di sofferenza a persone e famiglie”.

Gilberto Giudici – Cooperativa Il Piccolo Principe – Albano Sant’Alessandro (BG)
Enrico Coppola – Associazione Genitori Antidroga (AGA) – Pontirolo Nuovo (BG)
Leonora Riva- Fondazione Opera Bonomelli – Bergamo
Silvia Dierico – Consultorio Familiare “Priula” – San Pellegrino Terme (BG)
Alessandra Mora – Associazione INSIEME Bergamo – Bergamo
Don Roberto Trussardi – Caritas Bergamasca – Bergamo