La sponda azzurra del Taekwondo

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Con una medaglia d’oro e una di bronzo l’Italia entra nel ristretto novero dell’elite mondiale di taekwondo. Il merito è di Carlo Molfetta, 28enne azzurro di Mesagne, che ha trionfato nella categoria +80 kg battendo in finale il gabonese Anthony Obame al termine di una straordinaria rimonta, e Mauro Sarmiento, bronzo nella categoria -80 kg, che sale ancora sul podio dopo l’argento di Pechino. Il brindisino Molfetta, già ai vertici mondiali ed europei della specialià, è stato capace di recuperare dopo aver perso 6-1 il primo round con l’atleta gabonese. A pochi secondi dalla fine del terzo round, grazie a colpi ben assestati, si è riportato in parità 9-9. Il verdetto della finale è finito nelle mani dei giudici che hanno assegnato la vittoria all’azzurro per superiorità. Molfetta, passato alla categoria superiore per lasciare spazio all’altro azzurro Sarmiento, si è così laureato campione olimpico di una specialità che, probabilmente, resterà tabù per milioni di sportivi. La parola taekwondo riassume l’arte dei pugni e dei calci in volo. I calciofili hanno imparato ad associarla alle mosse acrobatiche di Slatan Ibrahimovic, che ha praticato da ragazzo questa disciplina orientale. Ma quella portata a termine da Carlo Molfetta è un’autentica impresa, perché ha superato atleti che lo sopravanzano in altezza e vantano curriculum eccezionali. Sotto 1-6, pochi si sarebbero rialzati. Molfetta lo ha fatto con la forza e la determinazione che la gente del suo paese, Mesagne, ha dovuto tirare fuori in tempi recenti per fatti drammatici. E il pensiero sul podio non poteva che correre al ricordo di Melissa, uccisa nell’attentato perpetrato davanti alla scuola di Brindisi, e ai ragazzi dello stesso paese rimasti feriti. La reazione e il riscatto valgono anche per loro e per quel lembo di terra di Puglia che si dimostra combattivo nella vita e nello sport.

E poi c’è il campano Mauro Sarmiento, che conquista la medaglia di bronzo e sale sul podio per la seconda edizione consecutiva dei Giochi Olimpici, dopo aver mancato la finale accusando il colpo decisivo all’ultimo secondo di combattimento in semifinale. Ma è gloria lo stesso.

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