L’intervista. Una insegnante in marcia: Federica Curiazzi e il sogno mondiale targato Budapest 2023

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di Marco Cangelli
La parola “sacrificio” è uno dei termini che ricorre più volte in ambito sportivo, quasi a sottolineare in maniera estremamente attenta la fatica compiuta dai campioni di ogni disciplina per poter raggiungere il proprio traguardo.

Un termine che dovrebbe andare di pari passo con la parola “passione” e che sicuramente si sposa perfettamente con la carriera di Federica Curiazzi la quale si è trovata spesso di fronte a scelte dolorose come quella di abbandonare l’atletica leggera al fine di completare gli studi e trovare una propria stabilità grazie al lavoro da insegnante.

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Una decisione che ha ripagato con gli interessi la 30enne di Barzana che, dopo uno stop di quasi tre anni dall’attività agonistica, ha deciso di tornare sui suoi passi specializzandosi nella 50 chilometri di marcia e ottenendo risultati di spessore fra i quali spiccano undici titoli italiani, un oro e un bronzo agli Europei a squadre e soprattutto un quarto posto nella 35 chilometri continentale andata in scena lo scorso agosto a Monaco di Baviera.

Il tutto senza mai rinunciare all’attività da insegnante che la portacolori dell’Atletica Bergamo 1959 ancora oggi svolge attivamente e che la sta accompagnando verso un sogno chiamato Mondiali che il prossimo agosto a Budapest potrebbe realizzarsi aprendo così le porte a un traguardo ancora più importante come quello delle Olimpiadi.

Marcia

Federica Curiazzi, il 2022 l’ha portata a sfiorare il podio ai Campionati Europei a Monaco di Baviera. Si sarebbe aspettata di centrare un risultato del genere?
Questo traguardo è frutto di un’annata andata per il verso giusto sin dall’inizio e in particolare di una preparazione invernale senza momenti di stop causati da infortuni o malanni. A ciò va aggiunto un avvio di stagione caratterizzato dalla ‘sicurezza’ del titolo italiano nella specialità che mi ha consentito di affrontare con nuova consapevolezza il periodo estivo. Questo risultato non era tuttavia atteso in quel momento perché dalla primavera in poi sono stata tempestata da infortuni e dal Covid che ho preso per ben due volte, motivo per cui non ero certa di essere al 100 % della forma. Tutto ciò però mi ha consentito di andare in Germania senza aspettative particolari e tirare fuori il massimo delle mie possibilità senza esser condizionata psicologicamente“.

A Monaco è stata l’occasione per provare in campo internazionale le 35 chilometri, chiamata a sostituire la 50 introdotta soltanto qualche anno fa. Si sente maggiormente a proprio agio in questo nuovo format e quali sono le differenze con il precedente?
Sinceramente preferivo la 50 chilometri innanzitutto per un motivo storico perché la marcia è nata con quella e abbiamo visto, sia ai Mondiali di Eugene che in parte a Monaco, come essere vincenti nella 35 possa consentire di diventarlo anche nella 20 o viceversa. Essendo più ridotte le differenze, è più facile doppiare le distanze durante un grande evento e trionfare su entrambe. Spero che ciò non porti a togliere un’altra gara e lasciare soltanto la 35, anche perché la eliminazione della 50 è stato un passo importante voluto dalla Federazione Internazionale che, con il passare del tempo, si è resa conto di come la stessa offrisse uno spettacolo ridotto trattandosi di una gara lunga e lenta, ma al tempo stesso creasse problemi agli atleti quando venivano chiamati a gareggiare in località particolarmente calde. Personalmente ho avuto soddisfazioni anche sulla 35 chilometri per cui spero che le donne, avendo una possibilità in più di prendere parte alle Olimpiadi, possano raggiungere con essa quella parità di genere che nell’atletica e soprattutto nella marcia non era mai stata conquistata sinora“.

Marcia
L’arrivo agli Europei 2022

A tal proposito, è notizia di pochi giorni fa che la World Athletics ha deciso in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024 di sostituire la 50 chilometri con una 35 chilometri mista. Le piace questo format e nel caso ci sono le possibilità di vederla al via ai Giochi?
Mi verrebbe da dire ‘mai dire mai’ perché mancano ancora due anni. Abbiamo visto proprio qualche giorno fa i criteri di qualificazione e abbiamo appreso come l’Italia avrà quasi certamente modo di partecipare con due team composti da un uomo e una donna visto che si tratterà di una staffetta a coppie. Ogni nazione potrà portare massimo due tandem e, a partire dal 2023 proseguendo sino alla metà del 2024, verrà stilato un ranking per nazioni chiamato ad assegnare i pass. Partendo dal presupposto che saremo presenti con due coppie, bisognerà capire se ci sarà la possibilità di far parte di una delle due. Attualmente l’altra appare già blindata considerata la possibilità di vedere al via Massimo Stano in compagnia di Antonella Palmisano se quest’ultima riuscirà a rientrare dall’infortunio. Ci sono più dubbi invece sugli altri nomi che potrebbero essere quelli di Matteo Giupponi ed Eleonora Giorgi, anche perché quest’ultima sarà prima chiamata a rientrare da una gravidanza e da un infortunio. Fatte le debite considerazioni, per ora le carte sono ancora quindi tutte coperte“.

Tornando agli Europei, siccome si è trattato di una edizione anomala, inserita in una manifestazione multisport, qual era il clima che si respirava nel quartiere azzurro?
A differenza di eventi come Universiadi o Olimpiadi, non abbiamo vissuto insieme agli atleti degli altri sport perché non esisteva un vero e proprio ‘villaggio europeo’. Ci trovavamo in alberghi differenti e gareggiavamo in giornate diverse. La cosa più bella è stata però che da casa, sapendo che era in programma un grande incontro continentale fra tutte le discipline, sono riusciti a seguire anche sport di cui non erano appassionati, interessandosi a mondi nuovi. È stata quindi certamente una bella copertina per i tifosi, ma anche per noi che abbiamo avuto modo di percepire una maggiore copertura mediatica oltre alla concomitanza con i raduni di alcuni settori differenti come accaduto banalmente a noi che a Livigno abbiamo incrociato la squadra di ciclismo. Speriamo che in futuro si possa creare un polo dove si possano unire tutti gli atleti e renderlo così più coinvolgente“.

Marcia
Europei 2022

Lei ha avuto spesso la possibilità di gareggiare con alcune sue compagne di allenamento come Lidia Barcella. Quanto è importante in una prova individuale come la marcia avere al proprio fianco un aiuto di questo genere?
L’aspetto positivo di essere pochi nella marcia è che ci si conosce tutti. Anche se fosse stata presente una ragazza di un’altra regione italiana, avrebbe comunque rappresentato un valido appoggio. Più che in gara dove con Lidia ci siamo divise dopo i primi dieci chilometri, è particolarmente utile avere un polo di allenamento con altre 3 o 4 marciatrici di livello nazionale che ci consentono di condividere gli allenamenti che, essendo un’atleta lavoratrice, diverrebbero lunghi i periodi senza veri e propri confronti. Così ho sempre modo di misurarmi costantemente con Nicole Colombi e settimanalmente con Lidia Barcella“.

Tornando indietro nel tempo, nel 2016 ha deciso di lasciare lo sport per seguire la carriera da insegnante dopo avere preso parte a diverse manifestazioni internazionali con la maglia della Nazionale. Come è fruttata questa decisione?
È stata una necessità perché non sono mai diventata un’atleta professionista e quindi avere la possibilità di studiare e mantenermi. Ero costretta per forza ad andare a lavorare. Quando ho preso la laurea magistrale e ho iniziato a insegnare con maggiore regolarità e, banalmente, di potermi permettere un affitto, ho finalmente potuto ricominciare ad allenarmi seriamente e con maggior tranquillità“.

Marcia
Curiazzi, Colombi, Barcella

Tre anni dopo è tornata sui suoi passi riprendendo l’attività agonistica e compiendo una serie di progressi. In quel lasso di tempo quanto è cambiata l’atletica leggera?
È cambiata parecchio perché quando sono uscita dal mondo dell’atletica, le donne avevano a disposizione soltanto la 20 chilometri e la 50 non esisteva. Con il tempo questo aspetto mi ha sicuramente penalizzato perché avevamo la metà delle possibilità di diventare professioniste rispetto agli uomini perché, giustamente, un gruppo sportivo militare investe su di te se la tua specialità è inserita nel programma olimpico. I posti ai Mondiali e ai Giochi erano sempre tre rispetto ai sei maschili. Con il rientro dalla seconda gravidanza di Elisa Rigaudo e gli altri spazi occupati da due campionesse come Eleonora Giorgi e Antonella Palmisano, io mi trovavo spesso a dovere occupare il ruolo di prima fra le ‘terrestri’ e mi sembrava di avere raggiunto tutto ciò che mi era consentito. Con l’inserimento della 50 ho visto le porte riaprirsi, ho notato come fossi più portata per l’endurance e devo dire grazie alla mia compagna di squadra Beatrice Foresti che aveva intrapreso questa strada con buoni risultati per cui mi sono messa in carreggiata anche io. Nel frattempo sono sopraggiunti altri cambiamenti, tuttavia vediamo di coglierli con entusiasmo perché ci consentono di rimanere in gioco con pari opportunità rispetto agli altri“.

Nonostante l’attività svolta ad alti livelli, lei non ha mai smesso di insegnare. Come riesce a far convivere sia il lavoro che i numerosi allenamenti che è chiamata ad affrontare?
Non è stato semplice all’inizio perché nella scuola si è precari a lungo. In quel periodo lavoravo con contratti brevi e rinnovi parecchio frequenti e non avevo certezza oltre a far non molte ore. Mi allenavo quindi meno rispetto a ora. Durante l’anno scolastico 2020-21 ho preso la scelta di abbandonare il full time e di investire maggiormente nella marcia perché questi sono gli ultimi anni in cui posso dare il massimo nel settore agonistico. Mi sono spostata sulle superiori, ho chiesto di fare uno spezzone di ore così da andare a scuola soltanto in alcuni giorni e avere modo di fare doppio allenamento più volte a settimana oppure, grazie al giorno libero, di spostarmi su weekend lunghi per i raduni. È una soluzione redditizia, considerando che ci sono atleti che sono chiamati ad affrontare lavori che concedono meno flessibilità come Lidia che è impiegata in un grosso ortofrutticolo e lavora otto ore al giorno, per cui penso che a fine stagione arrivi stanchissima“.

MarciaLe capita mai a volte di utilizzare la sua esperienza sportiva per dare dei consigli ai suoi alunni?
Bene o male loro hanno saputo tutti cosa facevo oltre l’insegnamento, i più piccoli magari per curiosità, i più grandi perché facevano sport e quindi mi conoscevano già. Per puro caso il mio allenatore Ruggero Sala lavora nel mio stesso istituto per cui abbiamo alcuni alunni in comune. Ad alcuni di loro ha anticipato quale fosse la mia seconda professione, quindi sono già preparati in merito e per questo utilizzo talvolta la mia esperienza per avvicinarmi a loro. È interessante avere una dicotomia non troppo netta nell’insegnamento perché penso che renda più volenterosi nello studiare quell’argomento“.

In conclusione, in vista del biennio olimpico, quali sono i suoi prossimi obiettivi?
Nel 2023 l’obiettivo è di bissare una stagione positiva come questa e di prendere parte al mio primo Mondiale a fine agosto in programma a Budapest che potrebbe diventare un buon viatico per la stagione 2024 quando si deciderà il tutto per una eventuale partecipazione alle Olimpiadi di Parigi che attualmente non è scontata o facile, ma esistono delle possibilità che vorrei sfruttare“.